logo selfie 2024

I PROMESSI SPOSI AL POLO 2

I PROMESSI SPOSI AL POLO 2

Gli alunni delle classi terze della nostra scuola, dopo aver studiato il grande romanzo di Alessandro Manzoni, l’hanno utilizzato come testo guida per un laboratorio di scrittura creativa. Ecco a voi delle piccole “opere letterarie” realizzate da alcuni studenti

  1. Abbiamo analizzato e riscritto l’”Addio, monti”: Utilizzando lo scheletro di Manzoni, ma sostituendo le parole di Lucia con le proprie, ognuno ha dato l’addio a un suo luogo del cuore.

Addio, scuola sorgente dalla terra

Addio, scuola sorgente dalla terra, ed elevata al cielo; corridoi inuguali, noti a chi è cresciuto tra voi, e impressi nella sua mente, non meno che lo sia l’aspetto de’ suoi familiari; addio, sala professori, de’ quali distingue le voci; classi sparse e biancheggianti sul pendio, con i branchi di studenti passanti; addio! Quanto è tristo il passato di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni dei voti; egli si meraviglia d’ essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza sulle scale, il suo occhio si ritira, da quei corrimano ferrosi; s’ inoltra mesto e disattento nelle classi tumultuose; le classi aggiunte a classi, i corridoi che sboccano nei corridoi, pare che gli levino il respiro. Ma chi non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi aveva composto in essi tutti i disegni di arte, e n’è sbalzato lontano da una forza perversa! Chi, staccato a un tempo delle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia quella scuola, per avviarsi alle superiori in traccia di sconosciuti che ha sempre desiderato conoscere! Addio, banco natio, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s’ imparò a distinguere da’ rumore dei passi i professori. Addio, laboratorio straniero, laboratorio sogguardato tante volte alla sfuggita; nel quale la mente si figurata un’ora tranquilla e perpetua da studente. Addio, biblioteca, dove l’animo tornò tante volte sereno, sfogliando prose e poesie, dove il sospiro segreto del cuore doveva essere segretamente ascoltato, e i pensier venir comandati; addio! Chi dei professori dava a noi tanta giocondità è per tutto e non turba mai la gioia de’ suoi studenti, se non per prepararne loro una più certa e più grande; Addio, canti e fischi soavi di Salvatore, che riempivano il deserto corridoio. Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Giorgia, e poco diversi dai pensieri degli altri suoi compagni, mentre l’anno correva andando avvicinandosi al fine.

Giorgia Colazzo 3C

 

  1. Abbiamo immaginato Renzo e Lucia, ormai sposati da tanti anni, alle prese con i piccoli problemi della vita quotidiana

In una piccola casetta di Lecco, Renzo e Lucia ormai ottantenni, si godono il calore della loro casa quando, improvvisamente, bussano alla porta...

Lucia apre e accoglie due giovani che annunciano il loro matrimonio e invitano i due nonnini.

Renzo: - È proprio vero, il matrimonio mi perseguita da una vita! -

Lucia: - Sei il solito brontolone, è vero che abbiamo passato momenti difficili, ma alla fine siamo riusciti a coronare il nostro sogno. -

Renzo: - Tu l'hai coronato, se avessi saputo tutto quello che mi doveva succedere per sposare te...

Lucia: - Ecco, sei sempre il solito, ti lamenti e basta! E quello che ho dovuto passare io per sposarti? Don Rodrigo, la monaca di Monza e i rimproveri tuoi e di mia madre. -

Renzo: - Già mi immagino, se quel giorno non avessi portato i capponi dal dottor Azzeccagarbugli, mi sarei ritrovato la pancia piena e tanti problemi in meno. -

Lucia: - Sai che ti dico? Che se mi avesse sposata Don Rodrigo, avrei fatto la vita da gran signora!-

Renzo: - Monaca ti dovevi fare!!! Ed io sarei stato scapolo ma libero. Se ci penso… neanche la peste ti ha voluta, era proprio destino che dovevi tornare da me! -

Lucia: - ho capito, con te non si può proprio parlare! Ti ricordo che la peste non ha voluto neanche te. E poi, dove l’avresti trovata un'altra ragazza timorata di Dio come me? -

Renzo: - Era proprio Dio che dovevo sentire!!! Me lo ha fatto capire in mille modi che dovevo andare per la mia strada, ma io niente! Con tutto quello che mi hai fatto passare ci potevano scrivere un romanzo! Ma penso anche che senza di te la mia vita sarebbe stata una vera noia! -

Raffaele Gira - Classe III Sez. B

 

  1. Dopo aver letto la storia della Monaca di Monza, ci siamo calati nei panni di Gertrude e abbiamo scritto una lettera a suo padre

                                                                                                               Monza, 27 aprile 1630

Caro padre,

Vi scrivo questa lettera per parlarvi di me, di quello che provo veramente e delle decisioni che voglio prendere per il mio futuro. Finalmente trovo il coraggio di mettere nero su bianco qualcosa che ho dentro da molto tempo ed è diventato ormai un peso per me, tanto che mi soffoca il cuore. So che quel che leggerete non vi sarà affatto gradito e alla fine della lettera sarete molto arrabbiato con me, ma non posso più stare in silenzio e lasciare che la mia vita scivoli via senza sperimentare la vera felicità.

In tutti questi anni ho cercato di soffocare i miei sentimenti, i sogni, le speranze per paura di perdere la fiducia che voi avevate investito in me. Ho sempre ubbidito e ascoltato i vostri preziosi consigli, anche se non ero d'accordo. Ogni volta le lacrime silenziavano le grida che avrei voluto dare per ogni singola decisione presa senza parlare con la mia persona. 

Quando ero piccola, mi sono lasciata condizionare da quello che mi raccontavate. Siete arrivato a convincermi che tutto quello che mi consigliavate di fare era per il mio bene, per avere un futuro migliore, per essere felice, quando per voi l’unica cosa importante era riservare a mio fratello il patrimonio che altrimenti sarebbe stato diviso. Mi sono quasi sentita sventurata per essere nata donna. Per questo ero perfino felice di essere rinchiusa all'interno del monastero, perché mi raccontavate che una badessa, quale sarei diventata, aveva l'autorità su tutto e tutti, e per la prima volta sarei stata importante per qualcuno. Ma ben presto mi sono accorta che la vita da suora non era come la descrivevate, anche se venivo lodata e vezzeggiata da tutte le altre monache. Io, nel profondo del mio cuore, ero invidiosa delle ragazze che alloggiavano nel monastero per essere educate alla vita da spose. E quello che mi faceva veramente adirare e rattristare era il fatto che io invidiavo loro, ma loro non invidiavano me. È stato difficile ammettere questo con me stessa, tanto ero presa dall’idea (che voi mi avevate trasmesso) di dover diventare Badessa.

Allora ero ancora una bambina piccola e ingenua e tutti mi regalavano santini e bambole vestite da monache. Quando voi e mia Madre mi appellavate con il nome di Badessa, mi sentivo enormemente felice e lusingata, per me rappresentava un complimento di prim'ordine, ma non lo era, era solo uno stratagemma che voi utilizzavate per convincermi a farmi monaca E io, ignara di tutto, mi sono fatta condurre dove volevate voi. Diventare badessa per me significava poter trascorrere una vita agiata ed esercitare il potere su altre povere ragazze. Non so perché, nonostante la mia tenera età, bramassi così tanto il potere. Ma so, purtroppo, che tutto questo ha suscitato in me insicurezza e sfiducia e mi ha portato a vivere una vita tormentata.

Con l’andare del tempo, sono diventata una ragazza spenta, senza valori, cattiva, capace di provare astio e invidia nei confronti di tutti coloro che erano liberi di fare le proprie scelte e di vivere la vita a loro piacimento. Mi sono macchiata di peccati terribili e ho procurato tanto male agli altri, ma anch’io ho sofferto moltissimo.

L'esperienza che ho avuto qui al monastero mi ha aperto gli occhi facendomi scoprire quello che voglio veramente: una vita normale come le altre ragazze della mia età; vorrei sposarmi ed essere felice. Per diventare monaca, bisogna provare una particolare vocazione verso Dio, e io non la possiedo. Il monastero per me è come una prigione. Non conosco il mondo che c’è lì fuori, in tutti questi lunghi anni, ho vissuto una vita che non mi appartiene, ma adesso voglio vivere una vita scelta da me. Ho deciso di andare via dal convento per sposare il mio amato Egidio.

Spero che comprenderete e accetterete di buon grado la mia scelta e le mie motivazioni. Questa è la prima decisione che prendo liberamente, e sento di averne il diritto. Spero che nonostante ciò, continuerete a volermi bene; mi sento in colpa per avervi deluso profondamente, ma voglio seguire finalmente la mia strada. Vorrei che questo non fosse un addio e spero che un giorno possiate riabbracciarmi semplicemente come vostra figlia.

Cordiali saluti

Gertrude

Marco Papa, 3C

Date

24 Febbraio, 2023"

Tags

SELFIE

01  02  03  05    06  06

06  07  01  02    invalsi  07

Back to Top