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Il disastro di Marcinelle raccontato dal mio bisnonno

Il disastro di Marcinelle raccontato dal mio bisnonno

Il Belgio alla fine della seconda guerra mondiale aveva bisogno di mano d’opera poco qualificata e disposta a scendere in miniera. Molti italiani emigrarono in Belgio a lavorare nelle miniere per cercare di guadagnare soldi necessari a mantenere la propria famiglia, ma alcuni di loro non tornarono a casa, perché rimasero vittime di incidenti sul luogo di lavoro.

Marcinelle, ad esempio, è una località belga nota per l’incidente avvenuto l’8 agosto 1956 in una miniera, provocato dalla scintilla di un cavo elettrico. Trecento minatori, di cui cento italiani, morirono a causa dell’incendio, intrappolati nelle viscere della terra.

Mio nonno Vincenzo mi ha raccontato che suo padre Giovanni (ritratto nelle foto), cioè il mio bisnonno, nel 1949 dovette emigrare in Belgio per guadagnare qualche soldo per spedirlo a Galatone a sua moglie Desdemona. Da qual momento mio nonno Vincenzo (nella foto insieme alla mamma e alle sorelle), essendo il primo dei figli maschi, divenne il capofamiglia e perciò dovette lasciare la scuola e andare anche lui a lavorare a 12 anni, per mantenere le sue due sorelle minori.

Il bisnonno Giovanni in miniera caricava i carrelli di carbone, che poi venivano portati in superficie. Per fortuna scampò al disastro perché lavorava in un’altra miniera, vicina a quella dell’incidente.

Negli anni in cui rimase in Belgio, mio nonno mandava costantemente lettere a mia nonna per informarla delle proprie condizioni di salute, per chiedere di lei e dei figli, per darle indicazioni su come gestire i lavori agricoli. Scriveva che non sarebbe mai partito, se non ce ne fosse stato estremo bisogno e lavorava duro per mettere da parte più risparmi possibile per pagare i debiti e per la dote delle sue figlie. In classe abbiamo letto alcune di queste lettere, in particolare una scritta nel 1956 dopo l’incidente, in cui rassicura la bisnonna, facendole sapere di essere vivo e al tempo stesso le racconta del pianto e della disperazione delle mogli dei minatori, che aspettavano notizie dei mariti davanti all’ingresso della miniera dell’incidente.

Il mio bisnonno aveva turni di lavoro massacranti; alcuni turni erano di notte. Una mattina tornò nel suo appartamento sfinito dal lavoro. Era novembre e faceva freddo, perciò accese la stufa a carbone per scaldarsi, ma dimenticò di aprire la valvola per far fuoriuscire il monossido di carbonio.

Poi si addormentò e il gas si diffuse nella casa fino a soffocarlo nel sonno. Dopo due giorni i suoi compagni di miniera, non vedendolo andare a lavoro, andarono a casa sua e purtroppo lo trovarono morto. È stato seppellito in Belgio, ma non abbiamo mai saputo dove di preciso.

Il Belgio ha aiutato molti immigrati a costruirsi una vita migliore con il lavoro, ma ha anche distrutto alcune famiglie con la morte dei padri, massacrati dal lavoro pesante e pericoloso, come nel caso del mio bisnonno Giovanni.

Carlo Epifani, classe II C Scuola Secondaria I grado

Date

27 Marzo, 2022"

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